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ebook di ArchigraficA

domenica 23 giugno 2013

Capitalismo imbecille


Gezi Park


di Giacomo Ricci

Non mi piace inseguire le notizie, la contemporaneità.
Ma, a volte, la “cronaca” ha molto da insegnare.
E allora metto assieme due o tre notizie che mi turbano e ci riguardano anche se lontane.
La prima: la “rivolta” in Turchia, per gli alberi di Gezi Park. Rivolta che comincia con gli alberi e finisce dritta dritta, contro il governo turco e il suo leader Erdogan che sembra fare gli interessi di una speculazione edilizia sprezzante e dilagante.
Quali che siano le cause alla base, del resto abbastanza evidenti, altrettanto evidente la sciaguratezza assoluta di un’economia che si fondi sul ciclo perverso casa-speculazione finanziaria-lievitazione dei prezzi/mutui. Gli esiti letali di politiche economico-finanziarie di questo tipo sono sotto gli occhi di tutti con i fallimenti clamorosi di Spagna, USA e Italia.
La seconda: la “rivolta” in Brasile, “patria del calcio”, contro un calcio da pura speculazione, fatto di immensi guadagni di società e calciatori ultramilionari, di prezzi da capogiro.
Penso, per esempio, al costo di un Cavani. Sessantarè milioni di euro. Lo diciamo in vecchie lire? Centoventisei miliardi di lire. Cero, così fa molta impressione. Quanti asili nido, quanti stipendi di ricercatori sul cancro, quante borse di studio per giovani cervelli, quante possibilità di lavoro nel campo della ricerca scientifica, quanti suicidi in meno rappresenta una tale cifra? Ecco così suona nel suo significato paradossale e, aggiungo, insopportabile, incivile, inenarrabile.
Allora devo fermarmi. Dobbiamo fermarci, perché ci rendiamo conto che c’è qualcosa che non va.
Quello che mi colpisce è quello che questa logica dissennata sottintende. E lo dico come mi viene, senza mediazioni: la folle depravazione, distorta, sfacciata, strafottente della speculazione finanziaria che sotto queste notizie si cela. Sia si tratti della speculazione edilizia più folle, sia del mercato calcistico e delle sue vertiginose irrazionalità.
Due paradossi, due vistosi fenomeni di questo dominio becero del mondo, fatto di multinazionali, di speculazione selvaggia, di dominio atomizzato e imperialistico del mondo che, gioco forza,  provocherà il suo annullamento.
Ecco che i ragazzi turchi del Gezi Park e quelli delle favelas brasiliane che circondano gli stadi dove si giocano le partite della FIFA Confederations Cup mi sembrano una risposta di chi non sta più a questo gioco al massacro.
Inutile dire io da che parte mi senta.
Certo non potrei mai essere dalla parte di chi, per tirare quattro calci a un pallone, ostenta una Ferrari come fosse una Lambretta o profferisce parole offensive alla memoria di un giudice che ci onora tutti.
Sono con i ragazzi, per strada, ad urlare anch’io il nostro diritto alla Terra, il diritto degli alberi a vivere, il diritto di ogni creatura di questo pianeta a vivere in pace, il diritto al calcio come gioco di bambini e di cortile e a manifestare il mio profondo DISPREZZO intellettuale nei confronti di chi non ha capito come stare a questo mondo, condividendolo in pace con tutti i viventi, alberi, animali, gatti, formiche, api, cespugli, fiori e umani.
Io non lo vedrò. Ma forse i più giovani organizzeranno un mondo più libero, più giusto, meno crudele, meno imbecille.
Perché una cosa è certa: il tardocapitalismo della nostra epoca è veramente imbecille.
Vorrebbe sconfiggere la paura della morte  con una vita sicura basata sul possesso del denaro e delle ricchezze. Ma, per farlo, distrugge il pianeta, correndo a gambe levate verso la morte, senza rendersene conto.
Che imbecilli!